Le origini del babà

Le origini del babà

Il dolce partenopeo dal sangue blu

Si nu babbà” è un’espressione usata nel dialetto napoletano per esprimere affetto e apprezzamento per una persona, e si può tradurre in “sei un tesoro”. E allora cos’è questo “babbà” talmente buono da diventare un complimento? Il babà è un dolce di pasta a lunga lievitazione cotto in forno, lasciato asciugare ed infine imbevuto di rum. All’apparenza molto semplice, ciò che rende speciale il babà non è solo l’estrema leggerezza e ariosità della pasta, e l’imbevitura fatta ad arte affinché non risulti né troppo asciutto né troppo bagnato, ma anche la sua storia che ci racconta di un dessert dal “sangue blu”. 

Le origini del babà

Per rintracciare le origini del babà bisogna fare un viaggio a Nord, nell’Europa centrale dove troviamo il suo antenato ossia il gugelhupf (o kouglof in francese), un dolce di pasta lievitata a forma di ciambella molto alta e arricchito spesso da uvetta. Questo dolce veniva servito abitualmente alla corte del re polacco Stanisław I Leszczyński, che si trovava in esilio nella cittadina di Luneville in Francia nella prima metà del 1700, il quale però non ne amava particolarmente la consistenza densa ed asciutta (si racconta anche che avesse pochi denti e che quindi faticasse a masticare cibi solidi), e decise quindi di ammorbidirlo inzuppandolo con del vino liquoroso. Ciò che ne risultò fu graditissimo al re Stanisław, grande amante di arte e cultura, compresa quella gastronomica, tanto che decise di far perfezionare la scoperta dal suo pasticcere Nicolas Stohrer, il quale aggiunse più levitazioni all’impasto del gugelhupf per renderlo più soffice e lo arricchì con uvetta, canditi e zafferano per migliorarne il sapore, imbibendolo poi con del madeira o del tokaji (un vino da dessert ungherese). Quando poi nel 1725 la figlia del re Stanisław, Maria Leszczyńska, sposò il re di Francia Luigi XV e si trasferì a Versailles, portò con sé il pasticcere del padre ed il suo gugelhupf imbevuto, che non venne più inzuppato nel vino liquoroso ma nel rum importato dalla Giamaica, secondo la moda del momento. Intanto i pasticceri parigini adottarono il dolce della regina consorte istruiti dallo stesso Stohrer, il quale gli donò l’iconica forma “a fungo” rimasta invariata fino ad oggi. Ma come ha fatto il gugelhupf imbevuto ad arrivare a Napoli? Grazie alla figlioccia di Maria Leszczyńska, Maria Carolina d’Austria che nel 1768 sposò il re Ferdinando I di Borbone-Due Sicilie e portò a Napoli diverse usanze francesi che sono entrate a far parte della gastronomia italiana e partenopea, tra cui il dolce del re Stanisław. Successivamente durante il 1800, grazie alla sua grande diffusione, il gugelhupf imbevuto si “volgarizza” perdendo nell’impasto lo zafferano, i canditi e l’uvetta, e trasformandosi in ciò che oggi riconosciamo come babà.

Perché si chiama babà? 

Circa le origini del nome del babà ci sono diverse ipotesi: si dice che sia una derivazione del nome polacco del gugelhupf ovvero “babka ponczowa” francesizzato in “babà”, oppure che derivi dalla somiglianza della forma del dolce alla gonna delle anziane donne di corte chiamate anch’esse “babka” o dei copricapi detti “baba” dei dignitari turchi che sfilavano nei cortei degli ambasciatori ottomani a Napoli, o ancora che il nome babà sia un omaggio del re Stanisław al personaggio de “Le mille e una notte” Alì Babà, del quale era appassionato. 

Il babà oggi

Del babà attualmente esistono mille forme e versioni che vanno dal babà Savarin (al cui impasto viene aggiunto il latte e farcito con frutta fresca) ai babà ripieni di crema e inzuppati con diversi tipi di liquori o sciroppi, dai babà con forme inusuali a quelli farciti con gelato, fino ad arrivare ai babà in vasocottura o alle torte babà. Ma il classico babàa fungo” imbevuto di rum resta il re dei dessert napoletani e un simbolo della pasticceria partenopea e italiana in tutto il mondo.

 

g.a.

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